Nota a sentenza n. 383/2017 Tribunale Civile di Bergamo.

“Dalla nullità del contratto di conto corrente deriva altresì la nullità del contratto di mutuo […]. Infatti, rammentato che, secondo la giurisprudenza, il mutuo destinato a ripianare addebiti di conto corrente promananti da disposizioni negoziali nulle è privo di causa (ex multis, Tribunale Taranto, sez. II, sentenza 14/03/2014 n° 789, e Tribunale di Brindisi, sentenza del 4 dicembre 2006 e, in tema, Cass., Sez. 1, sentenza n. 8564 del 08/04/2009, Rv. 607949), nel caso di specie si evince la finalità esclusivamente “solutoria” del mutuo de quo dalla circostanza che a seguito di detta erogazione il saldo negativo di conto corrente (non distante dall’ammontare mutuato) è stato azzerato”.

La sentenza in commento, per quanto d’interesse in questa sede, ha ribadito l’importante principio secondo il quale la nullità di un contratto si riverbera anche sui successivi contratti che al primo siano negozialmente collegati.

In particolare, il giudice ha dichiarato in primo luogo integralmente nullo il contratto di conto corrente privo della forma scritta prescritta ad substantiam, nonché avente un oggetto indeterminato, perché integrato da un mero rinvio a condizioni e norme dal contenuto indefinito.

In secondo luogo, dalla predetta nullità integrale del contratto di conto corrente il giudice ha fatto derivare la nullità anche dei contratti di aperture di credito ad esso collegati, nonché la nullità del contratto di servizi di incasso/portafogli, sul rilievo che siffatte ulteriori pattuizioni risultano per tabulas fondate sul medesimo conto corrente nullo e, come tali, allo stesso negozialmente collegate.

Parimenti, dalla nullità del contratto di conto corrente il giudice ha dedotto, altresì, la nullità del contratto di mutuo stipulato successivamente al precipuo fine di adempiere agli obblighi dal primo derivanti. Siffatta nullità, invero, deriva proprio dall’accertamento che la finalità del mutuo in parola era quella di azzeramento del  saldo negativo del conto corrente. Ciò in quanto tra il contratto di mutuo stipulato per ripianare il saldo passivo di un conto corrente e il contratto di conto corrente medesimo vi è un «collegamento negoziale» che li rende interdipendenti. Pertanto, laddove il saldo passivo del conto corrente derivi dall’applicazione di clausole nulle, esso risulta non dovuto, con la conseguenza che il collegato mutuo risulta privo di giustificazione sotto il profilo causale. In tali casi, infatti, la Banca non consegna al mutuatario la somma oggetto del mutuo, ma la destina al fine di consolidare la propria posizione creditoria illegittima. In altri termini, essendo il mutuo finalizzato a ripianare un passivo in realtà inesistente ed apparente (in quanto risultante dall’illegittima applicazione di clausole contrattuali nulle), quest’ultimo è nullo perché viene frustrata ab origine la sua causa, intesa in maniera ormai pressoché concorde dalla dottrina e dalla giurisprudenza in senso soggettivo come “funzione economico individuale” del negozio, ossia come interesse concretamente perseguito dalle parti.

Il descritto percorso logico-argomentativo seguito nella sentenza in commento, peraltro, si rifà ad un orientamento della giurisprudenza già consolidato, il quale si è espresso nel senso di sanzionare con la nullità il contratto di mutuo concluso al fine di ripianare addebiti di conto corrente promananti da disposizioni negoziali nulle, ritenendolo stipulato in frode alla legge ex art.1344 c.c., (cfr. sentenza del 04-12-2006 del Tribunale di Brindisi), o, più correttamente, privo di causa (cfr. sentenza n. 789 del 14/03/2014 del Tribunale di Taranto, come già Cassazione civile, sez. I, dell’ 8 aprile 2009, n. 8564).

In conclusione, alla luce delle considerazioni esposte,  è possibile affermare un principio di carattere generale in base al quale in tema di contratti tra loro negozialmente collegati il vizio di nullità relativo ad un contratto viene a ripercuotersi anche sull’altro, con la precisazione che la nullità del secondo contratto, quella derivata, si determina per difetto di causa ex artt. 1418 – 1325, n. 2 c.c.